Magico Uovo di Rana

In un tempo lontano, quando tutto poteva accadere, vicino ad un piccolo paese si trovava un bosco, molto fitto d’alberi d’ogni specie e popolato da tanti animaletti selvatici: uccellini, scoiattolini, cerbiatti, coniglietti e chi più ne ha, più ne metta.

In una radura pianeggiante, era stata costruita una casetta di legno, non molto grande ma ordinata ed accogliente. Era abitata da una donna molto bella, che dicevano fosse una strega perché abitava in un posto così isolato, senza marito né figli. Solo per questo motivo era da tutti evitata e considerata male: nessuno le faceva mai visita o le offriva aiuto.

Lei però s’arrangiava in tutto e per tutto: coltivava un piccolo orto con molte verdure, allevava una capretta e una mucca per il latte con cui poi fare anche del formaggio, possedeva un pollaio per le uova fresche e coltivava anche qualche albero e pianta da frutto.

Nei pressi della piccola abitazione si trovava uno stagno, popolato soprattutto da rane. Tra queste c’era anche una famigliola, costituita da mamma rana, papà rana da cui era nato un ranocchietto.

Quando il piccolo crebbe un po’, i tre decisero di uscire dallo stagno e di andare a vedere la casa, che per lungo tempo avevano osservato dall’acqua.

Si avvicinarono al punto di riuscire ad entrare attraverso una crepa della parete, che la donna non aveva ancora finito di riparare.

Una volta entrate, le rane scoprirono che la donna conviveva con un serpente, che lei accudiva come un figlio.

Mamma, papà e figlio rana furono colpiti da questa strana convivenza perché sapevano che gli uomini erano infastiditi dalla pelle viscida e verdognola dei rettili.

Era evidente che questa donna fosse diversa dai suoi simili e pensarono che quanto andavano dicendo i paesani non fossero altro che dicerie.

Rassicurati da quanto avevano visto, pensarono addirittura di stringere amicizia con lei.

Così fù. Ben presto scoprirono che non era affatto una strega, ma solo una donna molto sfortunata, che aveva deciso di vivere in solitudine per evitare le cattiverie e gli sgarbi dei compaesani. Le si avvicinarono e lei non li respinse. Cominciarono anche a parlarle, venendo a sapere che pochi anni prima una vera strega, ormai morta di vecchiaia alla veneranda età di millecinquecento anni, aveva trasformato suo figlio in un serpente.

Questo spiegava l’atteggiamento estremamente affettuoso tra i due: capirono perché lei lavava e profumava il serpente ogni sera prima di coricarsi, lo nutriva con i migliori alimenti e ne custodiva con cura le pelli che cambiava periodicamente.

Mamma rana, conoscendo l’intensità dell’amore per un figlio, rimase profondamente toccata dal racconto. Pensò che donare parte della sua capacità di essere madre potesse porre rimedio al maleficio della strega. Mamma rana fece un uovo e lo donò alla madre del bambino-serpente, invitandola a farglielo ingoiare alla mezzanotte di una notte di luna piena. La donna fece i conti e la verificò che questa sarebbe venuta dopo tre giorni. Quindi pensò bene di lavare e preparare la pelle del serpente, idratandola con olii e balsami, in modo che, nel caso in cui il corpo del bambino fosse sguisciato da quello del serpente, il processo sarebbe stato più semplice, essendo tutto più ammorbidito.

Dopo tre giorni di bagni all’amido, spugnature con essenze emollienti e massaggi con olio d’oliva, alla mezzanotte la donna fece ingoiare l’uovo di rana al serpente. Tutti si misero ad aspettare con la speranza che qualcosa accadesse spontaneamente, ma l’attesa venne delusa: il serpente continuava a rimanere tale.

Così, col cuore gonfio di lacrime, la madre ripose il serpente nel suo giaciglio, pronta a continuare ad amarlo come sempre.

Nessuno aveva pensato che prima che il nutrimento dell’uovo entrasse in circolo nel corpo del serpente era necessario che costui lo digerisse. Tutti andarono a letto con l’amaro nel cuore e con una profonda tristezza.

Ma il mattino dopo, al risveglio, la donna andò a vedere il suo serpente ma ne trovò solo la pelle: al suo fianco dormiva il suo adorato bambino che indossava ancora i vestiti del giorno in cui venne trasformato in rettile.

Al colmo della felicità, abbracciò immediatamente il suo piccolo che nel frattempo si era svegliato e che profumava dei balsami che aveva applicato giorni prima alla pelle di serpente.

I due si abbracciarono e coccolarono fino a sera inoltrata e decisero di rimanere a vivere nella casetta del bosco con le amiche rane, lontani dalle persone che a lungo li avevano disprezzati e derisi.

Anonimo