Nasce un sito web specifico per esplorare le potenzialità della nbm in un centro di neuro-riabilitazione.
Il vorticoso progresso degli ultimi decenni nel campo della conoscenza
scientifica e della tecnologia, ha segnato in modo profondo il senso dell’essere
medici e dell’essere pazienti, arrivando ad trascurare e oscurare l’importanza
del dialogo tra medico e paziente.
Nel tentativo di superare l’approccio riduzionistico della medicina, che tende a
focalizzare frammenti dell’essere umano nelle tradizionali categorie
diagnostiche, non cogliendo l’unicità e irripetibilità di ogni essere umano, è
nata l’esigenza di affrontare oltre l’aspetto biologico (disease) della malattia
anche il vissuto (illness) da parte del paziente.
A metà degli anni Novanta la dottoressa R. Charon ha fondato in America la
cosiddetta Medicina Narrativa (Narrative Based Medicine), presso la Facoltà di
Medicina della Columbia University di New York a partire dalle ricerche di
antropologia medica della Harvard Medical School che interpretavano “i modelli
medici come sistemi culturali”, riconoscendo con ciò che anche la cura è un
oggetto culturale “socialmente costruito attraverso specifici linguaggi”.
In tale ottica la medicina narrativa si riallaccia agli approcci olistici (dal
greco òlos: tutto, intero) caratteristici delle medicine non convenzionali,
secondo i quali l’organismo deve essere studiato nella sua totalità e unicità
psicosomatica e non in quanto semplice somma di parti.
Scopo della Medicina Narrativa è in sostanza quello di umanizzare la medicina,
migliorando la comprensione della comunicazione fra medico e paziente, fornendo
al medico un valido strumento nella gestione di difficoltà di rapporto (legate a
deresponsabilizzazione, scarsa compliance, equivoci comunicativi), oltre che
dare un significato più completo al suo operato, e fornendo ai pazienti uno
strumento per divenire partecipi e corresponsabili della loro salute.
La Narrative Based Medicine prevede una ricerca qualitativa, sui vissuti del
paziente e sulla modulazione delle relazioni che egli vive nell’ambiente di cura
in contrapposizione con la Evidence Based Medicine. L’utilizzo della narrazione
e dell’ascolto può aiutare a superare la discrepanza che inevitabilmente si
sperimenta nel momento in cui si cercano di applicare i risultati delle ricerche
all’incontro clinico: la medicina narrativa quindi non si oppone alla EBM, ma ne
rappresenta un’indispensabile integrazione.
Sono diversi i campi di applicazione in cui sperimentare la Medicina Narrativa:
Nel corso del 2009 presso il nostro ospedale è stato avviato, un laboratorio
di scrittura a cura della Dr.ssa Francesca Vannini, nell’ambito di attività di
gruppo di MusicArTerapia. Tale attività ha portato alla raccolta inaspettata di
materiale narrativo e grafico interessante ed originale. Sono affiorate storie
di malattia attraverso scritture autobiografiche “terapeutiche” che gli stessi
autori hanno incoraggiato a diffondere e donare ad altre persone colpite da
malattie neurologiche e agli operatori sanitari, affinché l’esperienza vissuta
consenta non solo di conoscere di più se stessi ma diventi anche adeguato
strumento di integrazione.
È stata quindi conseguenza inevitabile organizzare un sito web che rendesse tale laboratorio disponibile e utilizzabile non solo dai pazienti dopo la dimissione, ma anche da altre figure sia in ambito familiare che sanitario. I criteri utilizzati per consentire una maggiore accessibilità, in considerazione di eventuali deficit motori e plurisensoriali dei fruitori del sito, sono stati mutuati dai documenti delle normative ISO e dalle linee guida della Comunità Europea, per ottenere leggibilità e reperibilità e quindi immediatezza.
“Malattia e guarigione sono, in parte, trame narrative. I pazienti
scrivono sulle proprie malattie con sempre maggiore frequenza, il che suggerisce
che la ricerca di parole per contenere l’angoscia permette di affrontare meglio
la malattia.
Anche i medici scrivono sempre più spesso su loro stessi e sulle loro
esperienze. In molte forme di scrittura narrativa, i medici sostengono l'ipotesi
che scrivere di se stessi e dei propri pazienti permetta di creare un grado di
comunicabilità, non altrimenti possibile.” (Rita Charon)
M. Rosaria Stabile
Bibliografia